Eppure il messaggio del Buddha insegna che la mente è così vicina eppure così sconosciuta, direi maleducata, selvaggia e ostinata. Questa centralità della mente vuol dire anche che essa è la fonte di tutto il bene e anche di tutto il male che sorgono in noi e intorno a noi.
Meccanismi quali irascibilità, avidità, egoismo e, soprattutto, ignoranza sulla vera natura della realtà, quando giungono a determinare le nostre azioni, generano sofferenza e insoddisfazione in noi e intorno a noi.
Attraverso la meditazione, la coltivazione della mente, permettiamo ai meccanismi mentali virtuosi in essa contenuti di crescere, riducendo nel contempo la forza di quelli che generano sofferenza, spesso oscuri e latenti, che si muovono sottotraccia nel flusso della coscienza (inconsci).
Allora una mente coltivata diventa una mente “educata”, flessibile, duttile, luminosa e pacifica. E lo strumento principale per coltivare la mente è la Consapevolezza.
La pratica della meditazione Vipassanā prevede l’addestramento a una intensa ed ininterrotta consapevolezza direzionata su ogni processo fisico e mentale, momento dopo momento; fino a diventare “presenza mentale” sulle cose così come sono realmente, liberata dai filtri di ogni giudizio personale e soggettivo.
È, allora, esperienza diretta e non concettuale della realtà.
Il più delle volte il nostro incontro con la realtà è filtrato ed alterato da uno spesso muro di concetti, pregiudizi, memorie, emozioni e credenze che ci impediscono di vedere quello che realmente sta accadendo. Solo raramente sperimentiamo la vita nella sua vivida vitalità, senza giudicare o interpretare!
Se siamo consapevoli, la nostra mente sarà completamente sveglia ed allerta, conscia di tutte le condizioni che vi sono dentro e fuori di noi, siano esse profittevoli o no.
Questa presenza mentale, quando è sufficientemente potente e direzionata correttamente, è in grado di penetrare lo spesso velo di ignoranza che ci avvolge e di liberarci dai nostri difetti mentali (meccanismi mentali disfunzionali) e dalla sofferenza che essi generano.
È così che la Meditazione di Consapevolezza ci apre alla vita così come è e ci invita a vivere nel qui ed ora piuttosto che nei nostri pensieri circa il futuro o nei nostri ricordi del passato recente o remoto. Allora realizziamo che non è la vita in sè a generare la sofferenza, ma questo filtro mentale attraverso il quale la sperimentiamo deformata.